Concerto a S.S.Angeli del Montello (TV)
Sabato 10 Novembre
in compagnia di
Mondo Naif
inizio concerti ore 21.30
- ingresso libero -
:: T.H.U.M.B. - Primordial Echoes For Modern Bigfoots - (Go Down Records - 2012)
Si scaglia sulla terra in un’esplosione rockeggiante, rauca e cattiva la veemenza dei T.H.U.M.B., essenziale trio veneto che con chitarre distorte e pesanti riff nella migliore delle tradizioni stoner pubblica questo terzo album dall’iniziatico titolo “Primordial echoes for modern bigfoots”, primordiale è infatti il termine giusto per rendere l’idea della natura del suono che caratterizza questo album sin dall’intro di “Bigfoot”, una prima traccia che sembra emergere dal sottosuolo a passi pesanti e lenti; niente fronzoli, nessun effetto in particolare, solo puro stoner rock e una voce dal sapore vintage che mastica sabbia e psichedelia e che rievoca atmosfere kyussiane o, come in “Inconsistence”, distorsioni acide in puro stile Q.O.T.S.A. che caratterizzano più o meno tutto l’album. Curiosi spaccati tematici sparsi qua e là danno il giusto tocco di originalità a quest’album che sorprende con una traccia dal sapore country e dalla durata di un pugno di secondi, “Lived Namow”, passi di stivali che calpestano il deserto e voce ubriaca che disorienta e destabilizza, e in men che non si dica è già cominciata la traccia successiva, “Superlover”, che porta con sé il gusto acido e vecchio stampo di atmosfere del passato e il solito giro di chitarra bassissima e cupa. Forti richiami seventies, dovuti anche alle suggestioni della registrazione con cui si è chiaramente mirato a questo effetto, sono chiari in “Wear it Out”, ottima la resa della voce effettata alla maniera blues senza la quale il pezzo sarebbe risultato monotono, così come anche nella successiva rock’n’roll track “Road Song”. Con “Into The Deepest Green” i T.H.U.M.B. raggiungono le vette dello stoner ma anche della psichedelica monolitica, è il pezzo che più li rappresenta e anche quello che più resta in testa. Con le ultime tracce i T.H.U.M.B. mostrano sempre più spesso il loro lato rock’n’roll regalando ancora uno spaccato western con “East Clintwood” per poi riaffondare le corde in un giro di acid rock con la ostica e paleolitica “Pietrosaurus”. Risultano molto più distese le atmosfere in “Reaching The Afterglow”, affascinante, psichedelica e ricercata, un piccolo capolavoro! Con “Stonebridge Deluxe” si giunge all’ultima traccia di “Primordial echoes for modern bigfoots”, un lavoro che non delude le aspettative, l’album giusto per chi come i T.H.U.M.B. è stato assente dalle scene per un po’. Un ritorno con il botto, e senza effetti speciali! Voto: 7/10 sara centaro
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French review:
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Le premier constat est que la prod est un peu sommaire, parfois rêche, les bords sont mal ébarbés : la saturation croustille un peu, le fuzz crépite, clairement les potards sont tous sur 11. Au final, le souffle sourd qui sort des enceintes est chaud et rauque, brut de décoffrage certes, mais globalement plutôt séduisant. Le genre musical pratiqué ici ne chamboulera pas grand monde : le stoner très classique du groupe se compose pour l’essentiel de morceaux lancinants, parfois plus punchy, de riffs lourds, le tout accompagné d’une basse ronde et grasse bien saturée (hmmm, l’intro de « Reaching the afterglow »), et d’une batterie qui met le paquet sur les rondelles cuivrées, les roulements et la frappe de mulard dès qu’il s’agit de susciter le headbang (« Road song », « Pietrosaurus »). Petit point faible : les vocaux, même s’ils remplissent leur modeste office (plutôt second rôle, voire même figurant au casting), ne cassent pas trois pattes à un canard cul de jatte. Pour le reste, franchement, cherchez pas trop loin : c’est la musique idéale à enfourner dans le lecteur de CD de sa voiture, le bras dehors contre la portière, à tracer la route sous le cagnard… Ca groove, ça dépote, et pour autant ça se permet de coller quelques passages ambiancés plus psyche voire space-rock (en recourant notamment à quelques insertions de claviers ou d’harmonica). Ne vous laissez pas décourager par l’assez médiocre artwork qui orne cette galette : même si l’on n’est pas face au disque le plus excitant de la décennie, cet album plutôt sexy devrait sans problème satisfaire pleinement la plupart des fans de stoner traditionnel. Un disque modeste par ses ambitions mais plaisant par son attitude. Un positionnement marketing pas si stupide au final… |
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